la musica elettronica e la sua storia_il musicista e la composizione elettronica_l'oggetto musicale

MEDIAZIONI TECNOLOGICHE. L'ESPERIENZA MUSICALE INCONTRA IL DIGITALE

Computer come strumento compositivo automatico

Nell’utilizzare il computer come strumento compositivo occorre innanzitutto distinguere tra composizione automatica e composizione assistita.
Nella composizione automatica si vuole utilizzare il computer per comporre musica secondo delle determinate regole iniziali senza che il musicista debba intervenire durante il processo compositivo. In sostanza il musicista deve creare un programma per computer che contenga tutte le regole compositive ed esecutive di un brano e poi lasciare al computer stesso il compito di creare la musica secondo lo schema del modello
introdotto. Un modello è un insieme di relazioni che descrivono un determinato fenomeno e viene utilizzato per descrivere l’evoluzione del fenomeno nel tempo. Realizzare un modello musicale significa quindi riassumere un certo numero di relazioni che hanno il compito di descrivere il comportamento del modello stesso nel tempo.
Il modello compositivo è generalmente molto complesso ed il tipo di formalizzazione scelta per la creazione di un modello compositivo determina in maniera inequivocabile il tipo di composizione finale. I modelli di composizione automatica vengono utilizzati generalmente per creare delle opere sperimentali o per cercare di simulare modelli compositivi esistenti come, ad esempio, quelli contrappuntistici: grazie ad un adeguato programma sarà quindi possibile far creare al computer una composizione in stile barocco ed anche se non sarà un’opera del calibro di quelle di J.S. Bach, corrisponderà certamente a quelle caratteristiche.
La composizione assistita lascia invece al musicista la possibilità di intervenire in prima persona sul processo compositivo confermando o modificando le scelte del computer. Anche in questo tipo di composizione il musicista-programmatore deve fornire al computer un modello di composizione formalizzato secondo regole probabilistiche o deterministiche ma che questa volta deve essere interattivo, cioè deve lasciare un canale di comunicazione con l’esterno. Il potere decisionale di un sistema di composizione assistita è molto limitato in confronto a quello di un sistema di composizione automatica e dipende dal tipo di interazione che si intende stabilire tra computer e uomo. Anche la composizione assistita consente di sviluppare modelli capaci di generare musica sperimentale , ma generalmente può essere utilizzata per realizzare accompagnamenti musicali secondo alcuni stili e regole decise dal compositore.
In questo senso si può porre l’accento sulla differenza tra i programmi compositivi che tendono alla creazione di una struttura musicale compiuta, attraverso regole stabilite in precedenza, per sconfinare talvolta nel campo dell’intelligenza artificiale i programmi di ausilio alla composizione, mediante i quali l’elaboratore diventa una specie di assistente del musicista e lo aiuta nelle diverse fasi di realizzazione dell’opera, senza però svolgere un ruolo attivo.
Molti musicisti d’avanguardia che già nel dopoguerra si erano cimentati nell’uso dei nuovi mezzi elettronici mostrano uno spiccato interesse per l’impiego della scienza probabilistica in campo compositivo. Barbaud, Philippot, Xenakis per il quale la matematica ha sempre avuto un potere di suggestione poetica, si sono rivolti a settori di questa scienza per cercare modelli per l’elaborazione di partiture.Dal 1962 Xenakis si serve dell’elaboratore come aiuto alla composizione , ma si riserva una certa autonomia nell’utilizzazione dei risultati. Il procedimento più radicale invece appartiene a Barbaud e consiste nel delegare completamente i poteri creativi alle macchine. Astenendosi dall’intervenire sullo sviluppo dei suoi programmi di composizione musicale automatica, egli conferisce al suo comportamento il valore di un’esperienza di creatività informatica. [Alvise Vidolin, Musica ed Elaboratore, orientamenti e prospettive, pag. 20]

Naturalmente non tutti i compositori accettano allo stesso modo questo metodo di composizione. Alcuni compositori tendono verso un processi che escludano decisioni compositive aprioristiche, quali ad esempio l’ingresso di dati che condizionano una struttura. Essi preferiscono scegliere, tra i risultati prodotti automaticamente, quello che corrisponde al loro gusto personale. Di fronte a due programmi con diversi formati di input, e probabile che venga scelto il programma richiedente una quantità minore di input.
Altri compositori, diffidando dell’automatismo e dell’aleatorietà, cercano di controllare il processo nel minimo dettaglio. Useranno allora programmi con un formato di input molto sofisticato, con un fitto dialogo tra compositore e computer che permette continue correzioni e modificazioni. Ognuno insomma conserva una propria modalità di operare , ponendosi in un continuum delimitato ai suoi estremi da due considerazioni metodologiche rappresentate in maniera esauriente dalle affermazioni di Gentilucci e Vidolin.
Vidolin ritiene utile chiarire che

“l’elaboratore in nessun caso assume un ruolo attivo o meglio intelligente in quanto esso e soltanto un mero esecutore di ordini impartiti dall’utente. Anche nei casi di intelligenza apparente è l’uomo che ha precedentemente formalizzato certe capacità decisionali che restano delimitate in fase progettuale. Risulta quindi assurda la paura che sia la macchina a comporre, mentre è da rilevare la nascita di un nuovo prodotto musicale che non è più la singola opera ma un sistema – programma – per la creazione di più opere” [Alvise Vidolin, Musica ed Elaboratore, orientamenti e prospettive, pag. 12]

Al contrario Gentilucci fa notare che comunque

"Il rimedio che ci permette di “un sistema introdotto in una macchina non può che essere forzatamente chiuso, monodirezionale, schematico, in qualche modo già definito in partenza, quale che sia il numero, magari altissimo delle possibili varianti. Sulla base di informazioni largamente predeterminate si possono ottenere strutture musicali decorative, asettiche, meccaniche.” [gentilucci armando “introduzione alla musica elettronica” pag. 104]

prendere le distanze da queste due estreme posizioni è insito nella comunicazione, in un dialogo efficace con la macchina. Tale dialogo potrà fornire al musicista, come in una sorta di feedback, un eco amplificata delle proprie concezioni.

“Il computer riceverà i messaggi del compositore, li elaborerà e li rifornirà al mittente, il quale avrà una visione più chiara dei messaggi stessi. Ad ogni tappa, ad ogni livello, il musicista potrà agire o meno sui comandi, lasciar fiorire una scrittura demoltiplicata, oppure intervenire manualmente per controllare o concatenare dettagli o linne generali.” [Alvise Vidolin, Musica ed Elaboratore, orientamenti e prospettive, pag. 22]

A molti potrebbe apparire un’utopia? Per la risposta basta citare ancora Vidolin:

”E’ meno utopistico servirsi dell’elaboratore in maniera intelligente che non volergli inculcare un intelligenza per metterlo al nostro servizio”. [Alvise Vidolin, Musica ed Elaboratore, orientamenti e prospettive, pag. 22]

Comunque, al di là di ogni possibile diatriba a riguardo, quello che è importante sottolineare è che la composizione automatica e quella assistita hanno come principale obiettivo quello di comporre musica, ma non quello di suonare la musica composta automaticamente: infatti sarà compito del musicista preoccuparsi di come riprodurre la musica generata dal calcolatore.

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