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MEDIAZIONI TECNOLOGICHE. L'ESPERIENZA MUSICALE INCONTRA IL DIGITALE

Dagli atomi ai bit

La digitalizzazione è un processo che consiste nel passaggio (riprendendo una felice sineddoche di Negroponte) dagli atomi ai bit, ovverosia dal cosiddetto analogico al digitale.

“Un bit è l’elemento più piccolo del DNA dell’informazione”

egli afferma

“è un modo di essere: sì o no, vero o falso, su o giù, dentro o fuori, nero o bianco, 1 o 0”;

esso è stato sempre al centro del processo di elaborazione digitale ma è solo negli ultimi anni che è in voga la digitalizzazione di molti tipi di informazione, come per esempio l’audio e il video. Digitalizzare un segnale significa appunto trascrivere questi tipi di informazione in sequenze di bit, di 1 e di 0. L’operazione consiste nel prendere dei campioni del segnale che, se sufficientemente vicini, possono essere usati per ottenere una perfetta replica di esso. Alla fine del processo quello che noi percepiamo non sono le singole parti ma un insieme unico dato dall’estrema vicinanza dei singoli campioni.
Il mondo nel quale viviamo è essenzialmente analogico; un insieme continuo di suoni o immagini. Conseguentemente a questa considerazione potrebbe venire in mente una differenza tra mondo analogico, dove tutto è continuo, e mondo digitale, nel quale tutto passa da uno stato all’altro senza attraversare stati intermedi. Ciò è vero solo a livello macroscopico ma le cose cambiano quando si assume un punto di vista microscopico. Anche il mondo analogico è formato da micro-particelle, micro-elementi (gli elettroni in un filo o i fotoni che colpiscono il nostro occhio) che rimangono nascosti grazie alla nostra percezione così macroscopica, così “lenta”. Questa stessa percezione viene “sfruttata” dal digitale per far sì che anche esso ci appaia come un continuum. I due mondi appaiono così molto simili tanto da far vedere a molti (i più ottimisti) il digitale come naturale, e avvolte unico possibile proseguimento del mondo analogico. E’ su queste basi che Negroponte pone l’analogia tra la costituzione e la percezione della materia e quindi della natura, con il computer: come tanti pezzettini di materia formano una superficie liscia, così un insieme di pixel creano l’immagine di un disegno nella sua continuità. Il computer rappresenta in tal modo delle cose secondo un principio implicito nel mondo.

“Non è molto chiaro se sia il computer che legittima la natura delle cose o queste ultime che sanciscono la naturalità del computer”,

afferma criticamente Fileni (‘97),

“certo se osservassimo ad un microscopio una superficie vedremmo anche dei buchi, ma non solamente, potremmo vedere anche la relazione che tiene assieme quei buchi e che ci permette di appoggiare una tazzina di caffè senza che questa cada… in un buco e non perché i pezzetti sono piccoli e tanti.”

Insomma, la natura più che un insieme di parti ci appare piuttosto come una complessa rete di relazioni tra le varie parti del tutto. In tal modo analogico e digitale si riappropriano di un loro spazio diviso da una linea, più o meno netta, di distinzione. Solo secondo tale considerazione il rapporto tra i due può fornire utili sollecitazioni in campi di ricerca che rientrano a pieno titolo in tutte quelle discipline che trattano problemi inerenti la cultura e la comunicazione.

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