la musica elettronica e la sua storia_il musicista e la composizione elettronica_l'oggetto musicale

MEDIAZIONI TECNOLOGICHE. L'ESPERIENZA MUSICALE INCONTRA IL DIGITALE

Arte e tecnica. Il caso Musicale

Non deve sorprendere il fatto che le maggiori sinergie tra computer ed arte si siano avute nel campo della musica, dove più facilmente si possono mescolare le tecniche di rappresentazione, diffusione e sperimentazione, tanto da affermare che la musica è una delle forze che ha maggiormente contribuito allo sviluppo dell’informatica.
La digitalizzazione si è imposta dapprima nella produzione e nella registrazione musicale, benché i microprocessori e le memorie informatiche tendessero sempre più a diventare l’infrastruttura produttiva dell’intero ambito comunicativo. [Lévy, P., “Cybercultura, Gli usi sociali delle nuove tecnologie”, Feltrinelli, Milano, (1997 Editions Jacob), Fabbri 1999]
Nel mondo della composizione tradizionale ancora oggi arte e tecnologia sono considerate realtà antitetiche, in quanto si pensa erroneamente che l’applicazione della tecnologia all’arte debba necessariamente significare uno scadimento della creatività. Non a caso per i musicisti, il termine “matematica” ha un valore negativo. Eseguire matematicamente una partitura non significherebbe altro che seguire alla lettera la notazione, senza rendere lo spirito e la vivacità della musica. I termini “musica” e “scienza”assumono spesso un significato contrapposto, anche se l’evoluzione storica delle due discipline, la musica intesa come ricerca umanistica, come conoscenza inconsapevole, come attività comunicativa, e la scienza, intesa come metodo, coscienza e conoscenza logica, come tecnologia, è densa di scientificità musicale e artisticità scientifica.
La tecnologia si rivela in grado di aprire nuove prospettive, dapprima impensate, alla creatività. L’elettronica applicata alla musica, sollecitando nuove e ricche possibilità linguistiche ed espressive, promette di dar luogo a prodotti altrimenti non ottenibili, ma neanche lontanamente pensabili in ambito tradizionale. Il fatto è che ancora oggi molti autori hanno un’idea distorta di quello che significa ricorrere al computer con scopi creativi, prevale generalmente l’idea del computer come una diabolica macchina che combina più o meno a caso degli elementi. Niente di più falso perché il computer è una macchina che si presta meravigliosamente a costruire dei modelli a carattere generativo e trasformazionale. Pertanto esso introduce ordine e metodicità nel lavoro di chi lo adopera. Esso “costringe” il suo utente ad esplicitare rigorosamente i criteri che egli adopera per il conseguimento di un dato risultato. Una metodologia scientifica rigorosa impone che le intuizioni siano pedantemente verificate e costantemente formalizzate. Pertanto spinge ad una accentuazione della consapevolezza del “come si fa” a pervenire ad un certo esito, rendendo pensabili con ciò nuove possibilità.
L’informatica musicale - sintesi tra i diversi settori della musica, da quello prettamente tecnologico a quello più artistico -, cercando di scoprire sempre maggiori interazioni tra il computer e la musica, rappresenta uno strumento con il quale l’uomo può creare un linguaggio musicale nuovo per esprimere e comunicare il proprio pensiero.
Oltre a ciò è possibile fare anche il discorso inverso; così come la tecnologia aiuta l’arte schiudendo nuovi orizzonti, l’arte può essere d’aiuto per comprendere meglio i cambiamenti che oggigiorno si susseguono sempre più repentinamente. Il famoso studioso di comunicazione, Marshall McLuhan, afferma:

“Soltanto l’artista (quello autentico) può essere in grado di fronteggiare impunemente la tecnologia, e questo perché la sua esperienza lo rende in qualche modo consapevole dei mutamenti che intervengono nella percezione sensoriale”[ McLuhan, “Gli strumenti del comunicare”,pg.22]

Gli artisti, per loro natura sperimentano tutto ciò che passa tra le loro mani, con molta curiosità e senza timore, sentimento che forse colpisce le normali persone alle prese con qualcosa di nuovo. Dal punto di vista degli uomini-arte non sconvolge l’attuale uso che viene fatto in musica della tecnologia.
Siamo di fronte a nuovi mezzi? Che ben vengano. D’altronde nello stesso modo in cui abbiamo accettato nel corso della storia nuovi mezzi tecnici, nuovi strumenti, così oggi non dobbiamo opporci a un qualcosa che probabilmente continua il normale corso storico.

Si può di certo affermare che la musica, già solamente considerata in quanto tale, rappresenta una perfetta fusione tra arte e scienza, in particolare tra matematica e percezione. Nella strutturazione della scala musicale ne ritroviamo un esempio esplicativo. L’uomo percepisce gli stimoli sonori secondo una legge logaritmica. Sembra infatti che la variazione di uno stimolo venga percepita in rapporto ad esso. Matematicamente, in termini infinitesimi, si può dire che la variazione nella percezione (dP) sia proporzionale al rapporto tra la variazione dello stimolo (dS) e questo stesso (S) prima del cambiamento:

dP= k (dS/S)

Secondo tale equazione differenziale la variazione nella percezione passando da uno stimolo (S) ad uno doppio (2S) è pari a quella che si ha passando da quest’ultimo ad uno quadruplo (4S).
Pertanto se lo stimolo aumenta in progressione geometrica, vale a dire mantenendo costante il rapporto tra un valore assunto e il precedente, la percezione lo segue in proporzione aritmetica, ossia mantenendo costante la differenza tra il valore assunto e il precedente. Anche la percezione dell’altezza dei suoni sembra dipendere da questa legge. Fin dall’antichità infatti l’uomo è stato portato a considerare i suoni come distribuiti in uno spazio unidimensionale, disposti in maniera tale che la distanza tra un suono ad una determinata altezza (F) ed uno ad altezza doppia (2F) fosse la stessa che tra quest’ultimo ed uno ad altezza quadrupla (4F). Suoni disposti in posizione geometrica sono stati pensati distribuiti in tale spazio in progressione aritmetica.




Nello spazio dei suoni la suddivisione in più parti della distanza compresa tra un suono scelto come fondamentale e quello ad altezza doppia costituisce la scala.

“Musica, matematica ed astronomia appartengono al medesimo ceppo, costituiscono un vero e proprio triunvirato”

afferma Stockhausen.
Tale concezione percorre come un fil rouge tutta la storia della musica, sin dalle prime considerazioni che i filosofi dell’antica Grecia cominciarono a condurre intorno alla sua essenza. A partire da Pitagora, il quale incentrò tutta la sua riflessione sulla nozione di “musica”, intesa come proporzione del numero che governa tutt’intero l’universo, fino a Platone che fa dire a Timeo che Dio, formando l’anima del mondo, le ha dato la legge che governa gli intervalli della scala musicale, disposti secondo il modo dorico. E via via fino a Leibniz il quale definì la musica come “axercitium aritmeticae occultum nescientis se numerare animi” [un calcolo segreto che l’anima compie inconsciamente]. Tra Medioevo e Rinascimento si affermò un gioco da scacchiera piuttosto complesso, la Ritmomachia, che presenta elementi tali da mettere in relazione aritmetica, geometria e musica.
La sottolineatura della stretta parentela di musica e matematica, tuttavia non ha escluso la definizione della musica come la più ineffabile ed indefinita tra le arti. Considerato da questo punto di vista, il destino della musica appare ben strano: pratica rigorosissima perché radicata nella matematica, ma anche arte altamente spirituale, perché suscitatrice di emozioni.
Nasce dall’intelletto ma parla ai sensi.
Essa rappresenta il punto critico in cui il quantitativo si fa qualitativo, l’astratto sensibile. Costituisce uno straordinario elemento di confluenza e un caratteristico luogo di convivenza delle opposizioni che costituiscono il modo d’essere e funzionare dell’uomo e delle sue attività mentali.
La storia prosegue e il connubio riscontrato attraverso i secoli si esplica in modo assolutamente naturale con l’avvento del computer.
Negroponte individua tre punti di vista dai quali si può considerare la musica:

“la si può vedere sotto il profilo tecnico, come elaborazione digitale dei suoni…può essere vista dalla prospettiva della cultura musicale...infine può essere vista come un’espressione artistica e un modo per raccontare…”.

Tutti e tre questi aspetti hanno la stessa importanza e fanno sì che la musica costituisca il terreno ideale per il connubio tra arte e scienza, tra tecnologia ed espressione.
L’incontro della musica con il computer, che in sua essenza non è altro che una macchina che compie calcoli, è quasi inevitabile: dai programmi di composizione a quelli di montaggio, dalle operazioni di sintesi digitale del suono al campionamento – inteso come vero e proprio metodo di composizione - il computer è una macchina che può portare, ed effettivamente porta, a compimento la tendenza della musica a configurarsi come rapporto matematico. Rapporto che avviene comunque all’interno di un campo dialettico di tensioni e per questo interessante da esplorare. La musica soggiace integralmente alla logica della macchina o pretende di imporre la sua e quindi di piegare la macchina alle sue specifiche esigenze? O ancora, si giungerà ad una sinergia della due logiche? Un’analisi delle tecnologie informatiche e dei modi di produrre musica svelerà la tendenza attuale e i possibili sviluppi.

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