la musica elettronica e la sua storia_il musicista e la composizione elettronica_l'oggetto musicale

MEDIAZIONI TECNOLOGICHE. L'ESPERIENZA MUSICALE INCONTRA IL DIGITALE

Nuove forme compositive

Per quanto riguarda le procedure compositive, un’opera tradizionale, una canzone, innanzitutto è pensata linearmente, con un inizio e una fine. Costruendo diacronicamente prima, e solo dopo sincronicamente, una partitura si giunge alla definizione di una struttura formale composta da varie sezioni.
Seguiamo una descrizione dettagliata della struttura canzone data da Agostini:

“Una canzone è una breve composizione musicale cantata, con un testo verbale di carattere poetico. Possiede una struttura formale codificata che solitamente, in base alle segmentazioni presenti nel testo poetico, è composta da sezioni come strofe, ritornelli, verses, choruses e bridges la cui connessione è regolata da alcune elementari norme. Una canzone è quindi una forma musicale chiusa, autonoma: possiede un inizio e un finale ben chiari, spesso annunciati rispettivamente da un’introduzione e una coda, e si sviluppa seguendo forme codificate (per esempio, strofa/ritornello, forma strofica, verse/chorus/bridge). Inoltre kla parte principale di una canzone è la melodia. Una canzone è infatti costituita da una linea melodica ben cantabile e orecchiabile in primo piano che risalta su un accompagnamento. Quest’ultimo è a sua volta costituito dall’insieme di una base ritmica e una struttura armonica a volte da linee di basso particolarmente pronunciate. Nelle sezioni in cui non compare la voce troviamo linee melodiche strumentali.” [Roberto Agostini, “Techno ed esperienza ambientale”, in Techno-Trance, a cura di Gianfranco Salvatore, Castelvecchi, Roma, 1998]

Nella nuova musica, che indicherò genericamente con il termine techno non abbiamo traccia alcuna delle caratteristiche che Agostini ha attribuito alla tradizionale canzone, come egli stesso afferma.
In essa – riferendosi alla musica techno – non vengono applicate le consuete tecniche di composizione, di variazione e di sviluppo melodico-armonico o contrappuntistici, e quindi non si vengono neppure a creare successioni accordali che formino ampie architetture armoniche, né linee melodiche dall’andamento articolato. [Roberto Agostini, “Techno ed esperienza ambientale”, in Techno-Trance, a cura di Gianfranco Salvatore, Castelvecchi, Roma, 1998]
Avendo sempre come punto di riferimento i software musicali, si nota come la struttura stessa di queste applicazioni per computer porti alla stratificazione di più tracce che eludono il dualismo tradizionale melodia-accompagnamento.
Il multitraccia offre la possibilità di disporre di un’infinità di tracce nelle quali poter caricare i file wave e porta all’abbattimento della tradizionale partizione della composizione in melodia e accompagnamento in favore di una stratificazione di elementi sonori.
La techno è stratificata in quanto è costituita da dall’insieme simultaneo di vari strati sonori che a loro volta sono costituiti da una o più tracce sonore. La techno è infatti una musica che nasce dalla sovrapposizione di tracce ognuna delle quali costituita da unità che si ripetono in sequenza, da sonorità tenute o suoni isolati. Ogni traccia viene immessa o tolta dal continuum attraverso operazioni di missaggio. Ora, nella musica techno le tracce tendono ad organizzarsi alla percezione in strati sonori che possono essere formati da un’unica traccia o dall’insieme di più tracce. Tali strati tendono a configurarsi in insiemi verticali regolati dalla logica della libera giustapposizione più che dalla rigida gerarchia che regola il modello melodia-accompagnamento. [Roberto Agostini, “Techno ed esperienza ambientale”, in Techno-Trance, a cura di Gianfranco Salvatore, Castelvecchi, Roma, 1998]
Questo è ciò che si può definire composizione sincronica in opposizione al modello di composizione diacronica.
Nel primo si fa attenzione più alla sonorità che viene fuori dall’accostamento simultaneo di più tracce (ognuna già con una propria sonorità), mentre nel secondo l’attenzione è rivolto in larga parte allo sviluppo diacronico di una singola traccia.
Con l’opzione “play loop” è possibile ascoltare all’infinito una porzione di testo musicale selezionata ed eventualmente caricare nelle tracce sottostanti altri file wave. Con la possibilità di aggiungere in tempo reale altri file si può testare la sonorità complessiva e, se non piace, eventualmente sostituire la traccia indesiderata.
L’opzione “play loop” ci porta direttamente alla considerazione di un’altra caratteristica fondamentale della musica composta per mezzo di software: la ciclicità del flusso sonoro.
Difficilmente nella musica techno incontriamo una caratterizzazione di un inizio e di una fine, le strutture musicali tendono a tornare costantemente su loro stesse, non concludono mai.
Soffermiamoci ancora ad analizzare la natura delle nuove tecnologie applicate alla musica al fine di ricercare una causa di questa seconda caratteristica peculiare della nuova musica.
Due sono i principali mezzi di produzione musicale che concorrono a definire in tal modo le nuove composizioni: la batteria elettronica e l’uso massiccio di loop.
La programmazione inizia di solito col creare un pattern di batteria: si seleziona uno dei quattro strumenti percussivi disponibili e si comincia a cliccare sui sedici pulsanti colorati che corrispondono ad altrettanti sedicesimi di una battuta di 4/4 fino a scrivere la figura desiderata, quindi si passa a un altro strumento e così via. Il flusso sonoro scorre dal tasto 1 fino ad arrivare al tasto 16, e poi torna indietro al tasto 1, continuamente, senza fine; suonando ogni volta che incontra i singoli colpi che noi abbiamo segnato.
E’ chiaro che questo modello di programmazione condiziona pesantemente il modo di lavorare bloccandolo in ripetizioni continue ma d’altronde la musica techno, cui il programma è inequivocabilmente dedicato, si basa soprattutto sulla serialità e sulla ripetizione di pochi schemi fondamentali.
Esportando il risultato in formato wave, è possibile caricarlo in una traccia del nostro multitraccia e eventualmente affiancarlo ad un (o più) loop della miriade di loop disponibili.
Dall’intersezione di questi due (o più) elementi, entrambi ripetitivi, non può non risultare un andamento ciclico, circolare, del flusso sonoro che annulla le tensioni armoniche e melodiche. Esse infatti, come ho suddetto, non rivestono più un ruolo fondamentale in una musica nella quale i tratti principali sono costituiti da ritmo e sound.
Da queste considerazioni ne deriva che il musicista non necessita di una competenza specifica nel suonare (nell’accezione tradizionale di questo termine) uno strumento.
Egli infatti non ha bisogno di imparare e di esercitarsi il maggior tempo possibile nella pratica manuale per acquisire una tecnica sopraffina sul suo strumento.
Magari dovrà impossessarsi di preziose conoscenze per “far suonare” al meglio i nuovi strumenti digitali di cui dispone ma certamente non dovrà praticare esercizi, avvolte notevolmente noiosi, che il suonare uno strumento tradizionale comunemente necessita.
Forse si è spostato il punto nella catena di produzione musicale che viene normalmente indicato come composizione.
Se prima la composizione era individuata nel momento in cui il musicista, ispirato dalle più varie entità materiali ed immateriali, si trovava di fronte al proprio strumento e inventava linee melodiche più o meno estasianti, adesso viene individuata nel momento successivo, ovverosia nell’ambito dello studio di registrazione (casalingo o meno);

A questo proposito va infatti detto che lo sviluppo della techno coincide con il fatto che (…) risulta ormai totalmente acquisito e socialmente condiviso che il lavoro svolto in studio non è affatto un lavoro volto ad ottenere la riproduzione di una musica data (eseguita o scritta) attraverso un mezzo elettronico, ma un vero e proprio lavoro di composizione, o meglio di produzione elettronica di musica. [Roberto Agostini, “Techno ed esperienza ambientale”, in Techno-Trance, a cura di Gianfranco Salvatore, Castelvecchi, Roma, 1998]

Altra grande novità nell’uso del computer in musica consiste nella possibilità di simulazione che esso ha introdotto nel processo compositivo.
Il modo tradizionale di comporre prevede che il compositore immagini i suoni dei brani che sta componendo o che tutt’al più li possa riprodurre con uno strumento tradizionale (in genere lo strumento di composizione classico è il pianoforte). Oggi, grazie al computer, il compositore può simulare ed ascoltare immediatamente diverse varianti, e spesso memorizzarle, modificando radicalmente il suo rapporto con il processo compositivo. Quest’ultima possibilità sottolinea di conseguenza la più volte citata attenzione che il compositore dedica al timbro.
Ma attenzione, non tanto, come spesso si sostiene, per le teoriche possibilità illimitate di creazione di timbri che il computer consente, quanto per le possibilità infinite di simulare, con riascolto immediato, i suoni o le combinazioni di suoni che il compositore progetta.
Strettamente legato a ciò esiste la possibilità quindi di memorizzare con relativa facilità soluzioni scartate, o più soluzioni di uno stesso progetto, che possono essere recuperate in momenti diversi.
Il compositore può simulare quindi diverse realizzazioni di un suo progetto compositivo in un processo continuo di feedback tra progetto e sue attuazioni.

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