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MEDIAZIONI TECNOLOGICHE. L'ESPERIENZA MUSICALE INCONTRA IL DIGITALE

Funzionamento di un’interfaccia software

Abbiamo visto come l’interfaccia si colloca nell’interazione uomo-macchina ma poco abbiamo detto su cosa sia e come funziona effettivamente un’interfaccia.
Innanzitutto occorre subito distinguere tra i vari tipi di interfaccia che ricalcano un percorso storico della loro evoluzione.
Il primo passo nella direzione di interfacce software è rappresentato dalle cosiddette interfacce a caratteri, nelle quali la comunicazione col computer avviene digitando caratteri alfanumerici sulla tastiera e ricevendo e ricevendo in risposta caratteri alfanumerici sul monitor. Un esempio di questo tipo di interfaccia è rappresentato dal funzionamento del sistema operativo DOS
la comunicazione col computer avviene in maniera lineare, digitando i nostri comandi in risposta ad un segnale di “attendo istruzioni” (prompt) da parte del computer.
[Ciotti, F., Roncaglia, G., “Il Mondo Digitale, Introduzione ai nuovi media”, Laterza, (2000)]
Il DOS rappresenta quindi a tutti gli effetti un interfaccia, una mediazione tra l’uomo e la macchina, il suo linguaggio una sorta di compromesso tra l’ostico linguaggio macchina del computer, nel quale le istruzioni sono rappresentate da “0” e “1”, e il nostro linguaggio naturale. Linguaggio di intermediazione utile quindi, ma piuttosto rigido, per nulla intuitivo e richiedente una fase di apprendimento. Inconvenienti che vengono eliminati dall’adozione delle interfacce grafiche.
Le interfacce grafiche si basano in genere sulla metafora del desktop, o tavolo da lavoro e si differenziano in modo sostanziale dalle interfacce a carattere precedentemente menzionate: anziché come una sorta di quaderno sul quale scrivere, linearmente, i comandi da impartire al computer e sul quale leggere le sue risposte, lo schermo viene utilizzato come uno spazio pienamente bidimensionale, sul quale, proprio come avverrebbe su una scrivania, possono essere posati i nostri strumenti di lavoro.

Il metodo è quindi quello di rappresentare graficamente le risorse del computer e del programma, in pratica tutto quello che un computer, tramite le sue applicazioni, è in grado di fare, per mezzo di metafore.
Così un programma ci appare come una finestra, un’area di lavoro, nella quale sono presenti pulsanti, immagini, testo, oggetti vari. Ognuno di essi assume una funzione simbolica. Sono immagini, icone che rimandano il più delle volte a funzioni, a comandi insiti nel software dei quali i più famosi, ormai a qualsiasi utilizzatore di computer, sono le icone standard di “apri”, “chiudi”, “copia” e “incolla”, “afferra”, “sposta”, “cancella”.

“E’ un linguaggio dei gesti piuttosto intuitivo che corrisponde alla saggia idea che anche nello spazio virtuale sia più facile muoversi pensando per oggetti e per relazione tra oggetti”
[Carlini, F., "Lo stile del Web. parole e immagini nella comunicazione di rete" Giulio Einaudi Editore, Torino, 1999]

Carlini parlando di interfacce, lo fa riguardo alle pagine web, ma la sua analisi calza a pennello anche in ambiente software.
Egli fa notare che da un lato c’è il mondo della rappresentazione grafica, i cui oggetti hanno degli attributi percettivi (forma,colore, contenuto pittorico), ma non funzionali, e dall’altro c’è il mondo del software, dove gli oggetti non hanno attributi percettivi ma soltanto funzionali.
Di conseguenza afferma che le interfacce devono mettere in collegamento i due tipi di attributi.

“il prodotto di questa operazione è un oggetto di interfaccia costituito dalla fusione di proprietà visive e di proprietà funzionali: una mappatura e corrispondenza tra i due mondi”
[Carlini, F., "Lo stile del Web. Parole e immagini nella comunicazione di rete" Giulio Einaudi Editore, Torino, 1999]

Se, riferendoci all’esempio di un software sequencer MIDI o audio, abbiamo bisogno di tagliare una parte di composizione, la cosa più normale sarebbe quella di utilizzare un’icona che rappresenti le forbici. Esse sono un oggetto ben noto della vita di tutti i giorni e in questo modo l’icona rimanda, richiama una cosa fisica. Questa però si trova in un nuovo contesto che non è affatto il mondo concreto, reale, ma in un contesto virtuale, costituito dallo schermo del computer.
Il procedimento mentale che viene innescato è, in questo caso, di tipo metaforico, del tipo “come se”; si procede a tagliare una un elemento sul display del computer come se effettivamente si tagliasse qualcosa.
Naturalmente non sempre si ha la possibilità di ricorrere a metafore così immediate e così sta alla capacità del progettista trovare procedimenti più complicati per arrivare però allo stesso effetto.

Dietro alle caratteristiche apparentemente tecniche di un’interfaccia si nascondono conseguenze di grande rilievo che meritano attenzione.
Innanzitutto va sottolineato che le interfacce grafiche hanno rappresentato un cambiamento molto significativo nell’evoluzione delle interfacce informatiche nonché nell’evoluzione generale del computer. Le ormai primitive interfacce a caratteri instaurano una comunicazione di tipo linguistico-verbale tra l’uomo e la macchina. Ciò che viene usato in questo tipo di comunicazione è un codice, alquanto ristretto nelle possibilità espressive, tramite il quale impartiamo degli ordini alla macchina. Usiamo delle parole appartenenti a questo codice creando una comunicazione lineare e sequenziale. In questo modo il rapporto con il computer risulta di tipo procedurale: pensiamo cioè al computer come ad una macchina capace di eseguire, una dopo l’altra, una serie di procedure capaci di svolgere compiti basati sulla manipolazione di caratteri, numerici o testuali che siano, ma niente di più.
Difficilmente, tramite un’interfaccia a caratteri, viene da pensare al computer come ad uno strumento da utilizzare per il disegno, la fotografia, la musica. Questi ultimi casi richiedono un macchina capace di visualizzare l’oggetto da manipolare, gli strumenti adatti alla manipolazione e di rappresentarne graficamente tutte, o quasi, le funzioni.
Inoltre va considerato che le interfacce informatiche non sono una sorta di “dato tecnologico”, precostituito e immutabile, ma sono frutto di convenzioni con una forte componente sociale e culturale.

(…) certo, la funzionalità di un’interfaccia dipende in parte dai dati costituiti dalla nostra conformazione fisica e sensoriale. Dalla tipologia della macchina con la quale vogliamo interagire, dagli scopi di tale interazione; ma anche le convenzioni, le priorità, le abitudini, proprie della cultura della quale facciamo parte hanno un loro ruolo tutt’altro che trascurabile.
[Ciotti, F., Roncaglia, G., “Il Mondo Digitale, Introduzione ai nuovi media”, Laterza, (2000)]

Come risultato di ciò si nota come il mutare delle interfacce nel corso degli anni non è solo il risultato dell’evoluzione tecnologica, ma piuttosto del complesso rapporto di reciproca interdipendenza che lega evoluzione tecnologica e modelli culturali.

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