la musica elettronica e la sua storia_il musicista e la composizione elettronica_l'oggetto musicale

MEDIAZIONI TECNOLOGICHE. L'ESPERIENZA MUSICALE INCONTRA IL DIGITALE

Conseguenze della tecnologia MIDI sulla catena compositore-materiale musicale-ascoltatore

Come abbiamo potuto osservare dall’analisi della tecnologia MIDI, essa rappresenta una rivoluzione nell’ambito della produzione e della distribuzione di musica. Alla fine di tutto il processo di produzione digitale musicale tramite MIDI, si giunge alla formazione di un file che racchiude tutte le informazioni necessarie ad ascoltare la composizione. Il file in questione è il famoso midifile (con estensione .mid); di dimensioni assai ridotte, una canzone in genere occupa uno spazio tra iaudio occupa ci 100 e i 200 Kbyte (mentre un file rca 50-60 Mbyte), esso costituisce un buon veicolo di comunicazione musicale tra musicisti-compositori amatoriali e non.
Data la sua composizione (dati di controllo e non suoni), e la sua maneggevolezza esso cambia il modo di comporre, di ascoltare musica, il rapporto tra compositore e ascoltatore nonché il la natura stessa del materiale musicale.
Partendo dall’analisi del modo di comporre, e quindi dell’organizzazione del lavoro proprio del musicista, la prima cosa da notare è che l’autore ha un controllo assoluto sulla sua composizione. L’esecutore umano, ruolo fondamentale e sempre presente prima dell’avvento delle tecnologie elettroniche ed informatiche, viene abolito e sostituito dal computer che da solo “pensa” all’esecuzione delle partiture. Apparte considerazioni apocalittiche su come il computer tolga lavoro all’uomo, se si considera il tutto da un punto di vista prettamente musicale, si immagini quanto l’opera, eseguita dal computer, rispetti le intenzioni compositive dell’autore venendo meno l’interpretazione inevitabilmente personale e soggettiva dell’esecutore umano.
Dopo questa prima considerazione iniziale, si veda un esempio piuttosto schematico dell’attività di un compositore che possiede un laboratorio MIDI offertaci da Fabbri:

” (…) formato da un computer (dotato del software opportuno), da almeno una tastiera di controllo, da un certo numero di moduli di sintesi (sintetizzatori digitali di vario tipo, basati su tecniche diverse), nonché dall’attrezzatura audio necessaria per ascoltare il risultato (mixer, effetti, amplificazione e monitor). A seconda delle sue preferenze, il compositore può scrivere la partitura sullo schermo del computer (utilizzando programmi di tipo composer), o registrare una sua esecuzione alla tastiera (utilizzando programmi del tipo real time sequencer). Il software professionale più aggiornato ormai consente di usare indifferentemente le due modalità, ad esempio trasformando un’esecuzione nella sua rappresentazione grafica tradizionale (o diversamente codificata) in modo da poter apportare correzioni, introdurre ripetizioni, trasposizioni, ecc., oppure passando ad una partitura definita in modo grafico (lavorando con la tastiera alfanumerica del computer o più spesso con il mouse) a una registrazione digitale multitraccia (nella memoria del computer), alla quale il compositore può aggiungere parti nuove suonando sulla tastiera musicale. Il software professionale – ma ormai anche quello amatoriale – accetta ogni tipo di indicazione dinamica; è in grado di conservare le intenzioni di un esecutore umano o (a richiesta) di cancellarle: anzi, il compositore può introdurle e modificarle in tempo differito, anche dopo aver eseguito una parte in modo inespressivo.” [Fabbri F., “Il suono in cui viviamo”, Feltrinelli, 1996, pag. 186]

Subito salta all’occhio un aspetto di non poco conto: il lavoro può essere ascoltato immediatamente alla fine di ogni singola fase compositiva. Il computer fornisce risposte immediate alle sollecitazioni del musicista-compositore senza dover aspettare l’esecuzione definitiva. Vengono consentiti in questo modo rielaborazioni istantanee, correzioni, aggiustamenti che permettono al compositore di ripensare l’opera pian piano che viene creata. Il suono di uno strumento non è soddisfacente? È possibile cambiarlo in qualsiasi momento con un altro tra la miriade a disposizione. E a questo punto si tocca un altro aspetto importante de lavoro di composizione tramite la tecnologia MIDI: l’immensa – per non dire infinita - varietà di timbri disponibili. Un laboratorio come quello appena descritto da Fabbri costa circa lo stesso prezzo di un pianoforte o di una buona chitarra ma offre risorse simili a quelle di un’orchestra se non qualcosa di più,

“una squadra di copisti, uno studio di registrazione aperto 24 ore su 24, e altro ancora.” [Fabbri F., “Il suono in cui viviamo”, Feltrinelli, 1996, pag. 187]

Passando ad esaminare il materiale musicale è interessante notare come la tecnologia lo influenzi in modo così radicale. Nel famoso saggio di Walter Benjamin “L’opera d’arte nell’era della sua riproducibilità tecnica” (1966) viene esplicitato l’interesse dell’autore per la densità di innovazione specifica in una tecnica. Quello che mi preme specificare è che, come afferma Fabbri, ciò che a Benjamin interessava era, contrariamente a quanto suggerisce il riferimento pedissequo al titolo del saggio, più che la riproducibilità, la producibilità.
Fabbri, riferendosi al disco, afferma:

“Il disco è un problema musicale. Non è affatto trasparente. Non riproduce nulla, se non se stesso. La prima cosa da fare è proprio liberarsi di quel termine: musica riprodotta. Fa pensare ad un originale e alle infinite copie che con diverse tecniche (più o meno dispendiose) se ne possono ricavare. Così riproduzione diventa sinonimo di copia, una copia che può essere o meno fedele. Ma la riproducibilità che ci interessa non è la possibilità di ottenere una copia: è il fatto che si possano ottenere più originali. Vale a dire: è un procedimento creativo, sostenuto da tecniche specifiche, il cui risultato è un insieme di originali, tutti identici. Ciò che conta non è la qualità di un unico originale, ma la possibilità che tutte le caratteristiche del risultato del processo siano riconoscibili in egual misura nei diversi esemplari.” [Fabbri F., “Il suono in cui viviamo”, Feltrinelli, 1996, pag. 91]

È possibile ampliare quest’affermazione sia dal lato dell’oggetto considerato (il disco), sia dal lato delle “caratteristiche riconoscibili” dei diversi esemplari. Per quanto riguarda il primo è possibile riferire l’affermazione – perfino con maggior legittimità - al file MIDI. Esso non riproduce dei suoni, ma invia dei comandi per ottenere dei suoni. Questo significa che la musica paradossalmente viene suonata proprio in quel momento, essa cioè, lungi dall’esser una riproduzione, è l’originale, anche se la si rieseguisse centinaia di volte.
Per quello che riguarda il secondo lato la riconoscibilità si estende dal risultato del processo al processo stesso: il processo compositivo attuato dal compositore.
Quando apriamo un file MIDI sul computer siamo di fronte a due possibilità: o farlo leggere a un Midifile Player digitale oppure a un sequencer MIDI.
Nel primo caso, dato che si utilizza un semplice riproduttore di file MIDI, si ascolterà semplicemente la musica suonata, non scordiamocelo, da un qualsiasi synth a nostra disposizione (che potrebbe essere anche quello dato in dotazione con la scheda sonora).
Il secondo caso è sicuramente più interessante. Aprendo in nostro midifile in un sequencer appariranno sullo schermo del computer, davanti ai nostri occhi, tutti gli elementi che compongono la canzone: dalle varie tracce agli effetti, dal nome delle tracce a quello delle parti, dai “copia e incolla“ effettuati ai cambi di volume. Entriamo quindi in contatto con delle informazioni che, anche se non riguardano la canzone dal punto di vista prettamente musicale - se ne esiste uno -, hanno a che fare col processo compositivo dell’autore, con le sue possibilità e le sue scelte. Potrebbe sembrare di poco conto ma potrebbe anche risultare interessante a questo fine analizzare i colori utilizzati per individuare le varie tracce. Nella maggior parte dei sequencer è possibile colorare ogni traccia con una serie di colori disponibili per meglio organizzare visivamente il lavoro.
Se, nella fase di riproduzione - alla fine l’uso comune dei termini ha il sopravvento - del midifile usassimo lo stesso sequencer usato dal compositore – plausibile coincidenza data una sorta di oligopolio di alcune case di produzione software – ricompariranno gli stessi colori scelti da quest’ultimo.
A parte deduzioni psicologico-percettive sulla scelta di un colore piuttosto che un altro – deduzioni che potrebbero risultare comunque fallaci se si considera la casualità nella scelta -, si nota per esempio che due o più tracce hanno lo stesso colore. Lasciando da parte anche in questo caso la casualità della scelta, che solo con una successiva analisi musicale verrà verificata, ci interrogheremo sul perché dell’uguaglianza dei colori. Sono strumenti simili? Se non sono simili sono collegati? Le due tracce hanno una stessa struttura ritmica? O un stessa struttura melodica? Sono state scritte contemporaneamente?
In sostanza, alcuni processi di produzione saranno più o meno esplicitati, cosa che non sarebbe saltata all’occhio, anzi all’orecchio, da un semplice ascolto della canzone.
Inutile dire che l’ascoltatore può benissimo modificare ogni caratteristica del file agendo su ogni suo parametro. Il suo ruolo non sarà più, quindi, di semplice ascoltatore perché potrà intervenire a suo piacimento sulla composizione. Se per esempio non è soddisfatto dal suono di una tromba posta in assolo dal compositore può benissimo cambiarla in qualsiasi altro strumento, può modificarne il volume, può inserire o eliminare effetti e, come se non bastasse, può intervenire sostituendo, modificando, cancellando note singole o insiemi di note fino a cambiare radicalmente la struttura di intere parti o, al limite, dell’intera composizione.
Il rapporto compositore-ascoltatore viene così mutato da un rapporto unidirezionale che va dal primo al secondo, con il massimo del potere assunto solo dal primo, in un rapporto bidirezionale nel quale l’ascoltatore ha la possibilità di intervenire sul materiale modificandolo a suo piacimento. Diventa così, mi si consenta la coniazione del termine, un comp-ascoltatore in grado anche lui di inventare soluzioni a lui gradite anche se si discostano da quelle proposte dal compositore.

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