la musica elettronica e la sua storia_il musicista e la composizione elettronica_l'oggetto musicale

MEDIAZIONI TECNOLOGICHE. L'ESPERIENZA MUSICALE INCONTRA IL DIGITALE

Nuova estetica musicale

La musica, medium attraverso il quale da sempre l’uomo comunica sentimenti e stati d’animo, risulta notevolmente influenzata dall’uso delle nuove tecnologie, medium a loro volta che permettono la produzione, divulgazione e ricezione sonora.
Sotto questo punto di vista le nuove tecnologie per la produzione musicale diventano una sorta di meta-medium dal quale derivano nuove proporzioni nel nostro agire socio-culturale, e, in fin dei conti, nella nostra esperienza musicale.
Che le nuove tecnologie abbiano, forse definitivamente, trasformato alcuni modi tradizionali di comporre, produrre, riprodurre, divulgare e ascoltare musica non è una novità di questi anni. Come ho già avuto modo di esporre nei capitoli precedenti, le prime influenze sull’estetica musicale derivate dall’uso delle nuove tecnologie risalgono agli anni seguenti il dopoguerra durante i quali alcuni compositori come Varese, Shaeffer, Cage, Pousseur, Xenakis, Stockhausen – solo per citarne alcuni –, intraviste le reali potenzialità di ampliamento del panorama sonoro che si stava prospettando, si cimentarono nell’uso dei nuovi strumenti.
Dagli anni ’80 in poi, le risorse offerte sia dalla sintesi elettronica che dal campionamento digitale del suono hanno esaltato la sensibilità timbrica, mentre l’uso dei sequencer, con la loro possibilità di produrre facilmente sequenze percussive in tempo non reale [in genere le linee ritmiche create da un sequencer sono create prima della loro immissione in una song, consentendo quindi un accurata e puntuale programmazione.] ha enormemente contribuito alla prassi poliritmica.
Timbro e ritmo dunque; due fattori che, combinati, disegnano in modo abbastanza preciso la tendenza della musica odierna.
Ma timbro e ritmo erano anche le caratteristiche della nuova musica dei primi anni durante i quali si faceva uso – un uso che era però ristretto a pochi – delle tecnologie elettroniche e, ancor prima, di quello che viene denominato come il “Novecento musicale colto”.
Conseguentemente a queste considerazioni, si potrebbe considerare la musica di questi anni come una naturale conseguenza della musica pionieristica del dopoguerra; nessuna rivoluzione, nessuna frattura, ciò che abbiamo di fronte possiede un carattere di continuità storica.
A ben guardare, quindi, il capovolgimento del tradizionale buon senso musicale, che fa storcere il muso a molti e fa eccitarne altrettanti, non è una rivoluzione che nasce dal nulla, non è una sorta di magma indefinito che nasce dalle ceneri della vecchio, ma è una fungo.
Come tale abbiamo la possibilità di vederne solo la parte in superficie.
Una mattina a metà tra gli anni ’80 e i ’90 ci siamo svegliati e abbiamo trovato nel nostro giardino musicale un bel gruppo di funghi che non ricordavamo di aver visto il giorno precedente. Funghi succulenti, mai visti, curiosi, strani. Di nuove sonorità sono dotati questi funghi, immediatamente attirano le nostre orecchie e insieme tutto il nostro corpo, dato il ritmo che, attraverso le numerose tracce sonore perfettamente amalgamate nel gambo-sequencer, giunge sin sopra al cappello.
Essi attirano subito la nostra attenzione inducendo in noi una irrefrenabile curiosità data la velocità con la quale essi sono venuti fuori dal vuoto e piatto terreno della sera prima.
Ma a ben vedere, scavando a fondo nella terra si scopre una fitta rete di radici che hanno generato i funghi in superficie.
Ci sorge un dubbio. Chi sarà stato a piantarli? La risposta si trova nel passato, dove non può essere altrimenti; coraggiosi musicisti-agricoltori d’avanguardia hanno seminato tanti anni fa la speranza di un rinnovamento musicale che andasse a scalfire la tradizionale tendenza musicale costituita da uno sviluppo melodico e da densità armoniche [questa era la tendenza imperante per tutto l’Ottocento]. Pazienti esploratori, hanno piantato e aspettato, fino a quando le condizioni climatiche ottimali hanno permesso la nascita delle nuove piante.
Da quella mattina molti si sono cibati di quei funghi trovando nuovi stimoli e instradandosi in nuove prospettive che a seconda dei casi, si sono rivelate talvolta vere e fruttuose, talvolta fasulle.
Di fronte a questi funghi, nel nostro giardino musicale, non tutti si sono trovati a loro agio e non tutti hanno scelto di utilizzarli come pasto quotidiano.
Alcuni li hanno considerati come parassiti. Piante che vivono sulle spalle di altre piante, musiche che si cibano di altre musiche e che senza di queste non potrebbero vivere, piante che, a seconda delle piante alle quale sono vicine e attaccate, ne succhiano la linfa vitale decretandone la fine. Snobbandone la loro – non importa se presunta o reale, non sta a me giudicare – natura, se ne sono allontanati segregandoli in un pezzo di terra distaccato dal tradizionale giardino musicale.
C’è chi addirittura li ha catalogati come piante velenose, nocive per l’uomo, ed ha individuato nella loro struttura, fatta di procedure compositive nuove, un impoverimento delle possibilità musicali dell’essere umano.
Non importa chi ha ragione o torto, il fatto è che sempre più persone si sono buttate a capofitto in una nuova esperienza musicale che, attraverso le possibilità offerte dalla tecnologia e dall’elettronica, potrebbe portare a nuove e inesplorate prospettive trasformando il fin-qui-inudito in udibile.

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